
La Banca d’Italia mette ordine nella giungla dei comportamenti dei prestatori di servizi di pagamento nel garantire (o meno) alla clientela il diritto di disconoscere le operazioni non autorizzate e di ottenere i rimborsi dovuti (Disconoscimenti-Comunicazione-2024.06.17).
I presupposti in base ai quali l’utente ha diritto a essere rimborsato dal prestatore di servizi sono indicati dal d.lgs. 11/2010 ma le condotte degli operatori (come emerso presso l’Arbitro Bancario Finanziario) oscillano tra rifiuti non fondati del rimborso e carenze nell’esecuzione dei rimborsi. Sono emerse lacune nell’informativa alla clientela e inadeguatezze dei meccanismi di tokenizzazione delle carte di pagamento della clientela nelle applicazioni di “wallet provider” esterni (utilizzati per pagamenti al POS fisico e da remoto).
Gli inviti della Banca d’Italia sono tanti e partono dalla richiesta di una policy interna che garantisca – ove del caso – i rimborsi; prevedono poi indicazioni procedurali puntuali e riguardo ad una adeguata informativa di trasparenza, a partire dai nuovi contratti.
In conclusione, la Banca d’Italia si attende un piano di interventi, con il contributo delle funzioni di controllo, e il tutto sarà oggetto di verifica “nell’ordinaria azione di vigilanza”.
Come in tanti altri casi, il confine tra inviti o aspettative o linee guida della Vigilanza rispetto alle prescrizioni formali è molto labile e il discostarsi da parte degli intermediari costituirebbe comunque oggetto di valutazione per i profili di compliance, di sana e prudente gestione, di corretta gestione dei rischi.
Da segnalare come un elemento molto positivo che emerge in questo caso una sinergia tra questa iniziativa della Vigilanza e le risultanze dell’Arbitro Bancario Finanziario; in effetti l’attività dell’‘ABF pone in evidenza comportamenti non regolari delle banche e degli intermediari sui quali tocca poi alla Vigilanza intervenire, quantomeno nella prospettiva dei rischi (legali, operativi, reputazionali).  Questa è, del resto, la sola strada convincente per evitare che l’ABF debba valutare una miriade di casi uguali intasando anche il meccanismo.
Prevenire è meglio che curare, diceva Ippocrate con il principio di precauzione. O forse non era lui, ma va bene lo stesso per il settore bancario e finanziario.

